Il 2023 della Rai è iniziato nel peggior modo possibile, con la percezione di un’Azienda ormai fuori controllo in ogni settore.Talmente fuori controllo che,neppure la cortina fumogena adottata finora dall’ AD Fuortes, riesce ormai a nasconderlo. Un caos organizzativo nei Centri di Produzione TV, gravati da carenze strutturali, con Torino e Napoli abbandonati in balìa degli eventi e Milano e Roma che scontano arretratezze tecnologiche, un ridimensionamento in tutti i ruoli di organico, compreso il mancato reintegro dei Quadri aziendali. Realtà involutiva, che tocca non solo i CPTV ma anche le Sedi Regionali, lasciando pensare ad una dismissione strisciante della produzione radio televisiva. Una confusione tra le lavoratrici ed i lavoratori alle prese con un’azienda ingessata, che continua a perdere professionalità perché incapace di valorizzarne i talenti, e dalla quale i giovani più capaci scappano, perché privati di ogni prospettiva. Un’azienda capace solo di incrementare risorse e attività giornalistiche, senza ottimizzarle ma solo per tagli lineari di spesa (vedi cancellazione di edizioni della TGR). Un’azienda senza un vero piano di rilancio dell’informazione di prossimità, che coinvolga le Sedi regionali, realtà produttive strategiche, essenziali per questa RAI, allo scopo di renderla ancor di più un’azienda di Servizio pubblico. Nessun Piano Industriale approvato, un ipotetico piano immobiliare, già senza coperture finanziarie sei mesi fa, ed oggi completamente superato dall’impennata dell’inflazione, dei costi di ristrutturazione edilizia e dal contemporaneo crollo dei valori di mercato delle proprietà Rai. Un patrimonio in molti casi deteriorato da anni di incuria, la cui valutazione è di molto scesa, in un contesto di lavoro peraltro radicalmente cambiato dallo smart working, sempre meno bisognoso di immobili destinati ad uso ufficio. Sul piano economico e finanziario l’approvazione del budget 2023 con soli 3 voti su 7 attesta un sostanziale stato di crisi nel CdA. Gli attuali 625 milioni di euro che Rai deve alle banche, grazie alle quali ottiene parte della liquidità indispensabile per la propria attività, dovranno essere a breve rifinanziati a tassi di interessi crescenti, ben lontani da quelli di epoca pre-Covid, facendo schizzare a nostro avviso oltre il limite di sostenibilità, la soglia del debito. Una deriva che senza correzioni immediate potrebbe compromettere in modo serio la stessa continuità operativa del Servizio Pubblico Radiotelevisivo.
Tutti questi indicatori dovrebbero aver fatto scattare da tempo,negli amministratori e nella classe dirigente RAI, una vera presa di coscienza dello stato critico dell’Azienda, con la conseguente necessità di prendere decisioni e misure atte a riportare ordine nei conti e riorganizzare in maniera efficiente l’attività produttiva. Tagliare drasticamente la voce dei costi esterni (circa 1 miliardo di euro all’anno), ovvero appalti e consulenze “dorate”, utilizzando appieno le risorse interne, poteva e doveva essere una strada da seguire. Niente di tutto ciò è accaduto, come del resto dimostra l’inaccettabile situazione creatasi attorno al logo di Sanremo, appaltato all’esterno per la prima volta, denuncia sulla quale attendiamo ancora di avere spiegazioni dai vertici aziendali. Sul piano delle relazioni industriali siamo scaduti da tempo a un livello molto basso. Le OO.SS. solo per senso di responsabilità, hanno continuato e continuano a dialogare con chi finge di non sentire oppure si trova nelle condizioni di non avere una delega a trattare fino in fondo. Una situazione non più sostenibile, che perdura a ogni appuntamento, in un estenuante susseguirsi di tattiche dilatorie che rimbalzano i poteri decisionali da una direzione all’altra, senza soluzione di continuità. Una pessima deriva verificatasi anche durante i recentissimi incontri sull’applicazione del contratto 2022, durante i quali i Sindacati hanno dato il via libera alle liste per la classificazione operaia e a poche altre armonizzazioni, senza che RAI recepisse le ulteriori e sacrosante rivendicazioni sindacali. Nessuna sostanziale e rilevante apertura su SW in produzione e FPH, nessuna proposta concreta che abbia fatto seguito agli affidamenti verbali dello scorso dicembre da parte Rai. Nessuna proposta formale alla richiesta di farsi carico dell’aumento dei costi della polizza FASI. La risposta è stata sempre e soltanto NO. Per queste ragioni tutte le Organizzazioni Sindacali hanno deciso di stigmatizzare questo irresponsabile gioco al massacro, che dura da troppo tempo, le cui vittime sono sempre le lavoratrici e i lavoratori. Sia direttamente alle dipendenze della Rai oppure appartenenti alle aziende del mercato audiovisivo e multimediale che gravitano attorno alla galassia costituita dal gruppo Rai. Le he le OO.SS. evidenziano il pericoloso aumento del deficit, il calo delle entrate pubblicitarie, l’assenza di un piano industriale e editoriale degno di menzione, l’assenza di un futuro certo per Rai Way e per le Sedi Regionali, la continua emorragia di ascolti di Radio Rai. A questo si aggiungano le già richiamate grida di allarme per i CPTV maggiormente in crisi, come Torino, che rischia un drastico ridimensionamento se si continuano a inseguire i “desiderata” di agenti e artisti di turno, o come Napoli, la cui vertenza ha portato ad una mobilitazione che Rai non vuole ascoltare e verso la quale mostra una totale disattenzione. Denunce cadute finora nel disinteresse dei vertici aziendali e nel silenzio di una politica più interessata a occupare la Rai invece di curarla. Se poi, a tutto questo, aggiungiamo infine le risposte evasive in tema di accantonamento in bilancio delle somme per rinnovare il contratto di lavoro scaduto, è evidente, come questo stato di cose, non sia più accettabile. Risulta chiaro che quanto rappresentato determina sin da subito la dichiarazione di uno stato di agitazione di tutto il personale del Gruppo Rai, e nel caso non ci fossero le condizioni per iniziare una trattativa seria per il rinnovo del CCL RAI, in tempi ragionevolmente brevi, l’avvio una grande mobilitazione, nei confronti di questo vertice aziendale che non dà risposte ai tanti problemi dell’Azienda. Quella sarà l’occasione, inoltre, per richiamare alle proprie responsabilità tutto il mondo politico, su cui grava il compito, per mandato degli elettori, di garantire l’esistenza del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, a presidio della democrazia e del pluralismo.